Il Richiamo della Foresta di Jack London – Recensione

Oggi, nel nostro appuntamento letterario, Daniela Carletti ci presenta Il Richiamo della Foresta di Jack London da Istituto Geografico De Agostini – Novara. Scopriamo insieme cosa ci svela su questa opera! Acquista il romanzo Il Richiamo della Foresta di Jack London su Amazon Recensione di Daniela Carletti di Il Richiamo della Foresta di Jack London Questo capolavoro di Jack London (1876-1916) pubblicato nel 1903 e in Italia nel 1924, contiene pagine di pura poesia, o meglio, è scritto come un canto, un inno alla natura e alle sue leggi. Buck è un cane civilizzato, cresciuto in una proprietà terriera sotto il sole della California; ma quando alcuni uomini trovano il “metallo giallo” tra i ghiacci dell’Alaska, viene venduto all’insaputa del suo padrone. Passando di mano in mano, conosce la ferocia degli uomini, la fame e la sete, la fatica, lo sfinimento fin quasi alla morte “Era stato strappato dal cuore della civiltà, e gettato in pieno nella vita primitiva…ogni istante erano in pericolo la vita o quantomeno l’incolumità.” (pag. 37). Sarà grazie a John Thornton, un cercatore d’oro, che Buck si affezionerà di nuovo ad un essere umano, unico ostacolo tuttavia, tra sé e il richiamo della natura che lo porterà infine, a vivere alla testa di un branco di lupi. Leggendo “Il richiamo della foresta” appare davvero strano che nessun Compositore di Musica, lo abbia utilizzato per dare vita ad uno splendido “Poema sinfonico”, ovvero a quella forma musicale creata da Franz Listz (1811-1886), che traduce in suoni un testo o scenari di varia natura. L’accostamento tra Letteratura e Musica sorge spontaneo, poiché nel libro sono presenti moltissime descrizioni che, abbandonando la pagina divengono sonore; una per tutte, la magnifica rappresentazione della natura che a primavera si risveglia, liberandosi dal morso ghiacciato dell’inverno “Al silenzio spettrale dell’inverno succedeva il grande mormorio della vita in risveglio…Nella foresta si udiva la voce delle pernici e risuonava il tambureggiare dei picchi. Gli scoiattoli chiacchieravano…Da ogni pendice collinare giungeva il mormorio dell’acqua corrente, la musica di sorgenti invisibili…Lo Yukon lottava per spezzare il ghiaccio che lo imprigionava: lo rodeva dal di sotto; il sole lo consumava dal di sopra” (pag. 83). Quest’opera fa pensare a tante sperimentazioni letterarie che, di certo legittime e necessarie, tentano o hanno tentato nella Storia della Letteratura, di superare il supporto cartaceo per affrancarsene, cercando di inventare scenari letterari che prescindano dalla materia. Ma è innegabile che per farlo, bisogna essere London o chi come lui, è riuscito in questo intento, per grazia di un talento poetico, prima ancora che prosastico. “Il richiamo della foresta” è considerato generalmente un libro per ragazzi: l’alto valore del significato però, ne fa una lettura più complessa. London si serve di un cane per mettere in risalto la protagonista dell’opera, che è la Natura intesa in senso schopenhaueriano: è la “Volontà” della Natura con le sue leggi, che agisce sulle cose apparentemente inanimate, come pure su ogni forma di vita, animale o vegetale che sia. È la sua forza cieca che, servendosi delle “Condizioni”, determina gli accadimenti: per questo un cane in apparenza domestico, in determinate condizioni diviene una belva feroce pronta a tutto pur di sopravvivere, poiché ogni avvenimento risponde sempre ed unicamente alla legge della perpetuazione della specie, a quell’insopprimibile  istinto di sopravvivenza a cui tende la vita, secondo cui solo i più forti sopravvivono: Buck “Aveva tanta fame da non ritenersi superiore e prendere anche lui ciò che non gli apparteneva…Il suo senso morale, (era, ndr) uno svantaggio inutile, anzi dannoso, nella spietata lotta per la vita.” (pag. 44). Per lo stesso motivo nell’opera, appare chiaro come tutti gli istinti umani siano da considerarsi tali in toto, compresi quelli che rispondono a comportamenti subdoli e ingannatori: essi rappresentano di fatto, l’agire della Natura in noi, cosicché gli uomini possono essere caritatevoli o spietati, coraggiosi o meschini, arrendevoli o caparbi “E fra tanto erompere, scricchiolare, pulsare della vita in risveglio, sotto il sole cocente, contro il vento tiepido, come viandanti diretti al regno della morte, avanzavano i due uomini, la donna e i cani.” (pag. 83). Questa interpretazione della natura primordiale insita negli esseri umani, come pure in ogni altra forma vivente sul pianeta, è in realtà soltanto il frutto di una nostra costruzione intellettuale che, sempre Schopenhauer, definisce come “Rappresentazione”, ovvero la necessità umana di dare un senso alle cose della Natura che, invece, di per sé non è dolce come un clima tiepido, aspra come il caldo torrido, impetuosa come può esserlo la velocità del vento, cruda come la neve, feroce come il gelo che compenetra, accogliente come un riparo “Si scavò una buca (nella neve, ndr). In un attimo il calore del suo corpo riempi la piccola cavità, e Buck si addormentò.” (pag. 41). La Natura è come è, indipendentemente dal nostro bisogno di comprenderla o di considerarla ostile e “matrigna” (citando Leopardi), e London chiarisce molto bene in tutta l’opera, questo concetto “Il canto degli huskies poteva apparire un canto di sfida, di vita; ma il tono minore, i lunghi lamenti e i mezzi singhiozzi ne facevano invece la supplica della vita, il travaglio dell’esistenza…C’era in esso la sofferenza di innumerevoli generazioni, e per questo Buck ne veniva stranamente commosso.” (pag. 56). London afferma cioè, che la “legge di natura” anche quando sembra sopita e quiescente, si agita, scalpita, pretende e ottiene, trovando sempre il modo di emergere e di affermare se stessa in ogni espressione di vita, sia pure per mezzo del verso di un cane “civilizzato”, che si trasforma nell’ululato dei suoi avi selvaggi. Daniela Carletti Conosci Il Richiamo della Foresta di Jack London ? 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